A meno che non abbiate vissuto in un buco negli ultimi 5 giorni, probabilmente vi sarete accorti della piccola discussione sul tema dell’OGL e del futuro di moltissimi giochi legati a D&D. Se siete appena usciti dal buco, c’è un ottimo post di Eclectica GDR che fa un breve riassunto e mostra le prospettive a oggi.
Bene, ora che sapete da dove è partito il casino, posso cominciare con le stronzate!
Sto casino della OGL in realtà si innesta sopra un mio casino interiore. Come potreste aver notato se leggete il canale, a Capodanno ho fatto un sogno del cazzo:
Signorɜ e signorɜ, è con viva e vibrante soddisfazione che vi annuncio che stanotte, complici il cotechino, le lenticchie e una quantità francamente imbarazzante di liquore alla liquirizia, mi è apparso in sogno un hack di Cairn per giocare a Vampiri. Nella miglior tradizione dei profeti, ora devo abbandonare l’igiene personale per scriverlo.
Nel sogno appariva anche Roberto di Eclectica che mi diceva cose irripetibili perché non mi occupavo abbastanza del marketing del mio gioco. Quindi mi toccherà prendere sul serio pure quella parte.
Mentre lavoravo al gioco che mi è apparso in sogno, sono incappato però in un problema di licenza:
Primo intoppo nello sviluppo di Fangs: è nato come hack di Cairn, ma ho appena controllato e Cairn ha una licenza che non mi piace per niente (e che dovrei usare)…
Il mio problema con la licenza di Cairn appare strano ai più[1][2]. Per farla breve, Cairn è sotto CC-BY-SA, il che significa che se voglio farne un hack devo riutilizzare la stessa licenza senza ulteriori modifiche. E la pietra dello scandalo sta in questo: io voglio rilasciare il mio gioco sotto la stessa licenza di questo blog, cioè CC-BY-NC-SA. La differenza è banale: non voglio che il mio gioco o opere derivate siano messi in commercio. Come potreste aver notato, è da qualche tempo che tutto quello che faccio lo faccio gratis[3]. Non si tratta di una posizione puramente pragmatica[^4], ma è nato tutto da una posizione ideologica. Si tratta di una roba un po’ tangenziale e espressa assai meglio nel post che mi ha dato l’idea, quindi vi rimando all’ottimo lavoro di Marcia. In ogni caso, il punto è: se io lavoro gratis, perché tu dovresti far soldi sul mio lavoro?[4]
La cosa ha, per motivi che in retrospettiva sono piuttosto ovvi, ma al momento non lo erano, sollevato l’interessante vespaio già menzionato in nota 1[5]. Il motivo è piuttosto semplice: c’è una larghissima fetta del mondo Open Source[6] che piazza le libertà economiche[7] alla stregua delle altre libertà garantite dall’Open Source. Questa fetta, piuttosto vocale e spesso con alle spalle (che lo sappia o meno) i soldi dei big dell’informatica[8] ha quindi iniziato a spingere verso licenze che permettessero la commercializzazione del software Open Source o, più spesso, dei suoi derivati. Il risultato più spettacolare, negli ultimi anni, è stata la causa tra Elastic e Amazon, ma anche l’infiltrazione delle board di organizzazioni open da parte di produttori di software proprietario non scherza.
Ecco, nel mondo della cosiddetta “open culture”[9] c’è una roba del genere, ma senza avere i soldi dietro, solo per riflesso del dibattito che si presenta nel mondo dell’open source[10]. Una delle conseguenze interessanti, è che se cercate di usare la licenza CC-BY-NC-SA vi appare un avviso che vi dice che non state facendo free culture. Poi lo motivano linkandovi a una pagina che linka a una wiki[11] che ha delle FAQ che linkano a un’altra pagina della stessa wiki[12] che alla fine fa un pippone spaccato su quattro fronti:
- Se usate una licenza NC non siete compatibili con la gente che usa licenze non NC e, siccome loro sono i buoni, voi siete i cattivi.
- Una roba pietista sulla monetizzazione che probabilmente avrebbe anche un valore se me non fosse che la monetizzazione di qualsiasi cosa, soprattutto quando si parla del lavoro altrui, è un male da estirpare, non un effetto positivo da incoraggiare.
- Una roba sul copyright che alla fine si riaggancia al punto 2.
- Un discorso sul profitto che francamente mi rifiuto di leggere perché se faccio qualcosa gratis del profitto me ne frega poco e un cazzo, per usare un francesismo.
Insomma, non sei davvero libero di usare un oggetto se non puoi farci su dei soldi. Che mi pare un’idea molto miope e pure un po’ triste[13][14].
La mia risposta a tutto questo è, piuttosto semplicemente, che nulla è di libero accesso se chiunque può metterci un cancello davanti quando vuole. La gratuità (cioè l’assenza di barriere in ingresso) è il primo requisito per poter dire che qualcosa è libero. Non che gli altri diritti garantiti dalle licenze open non siano importanti, eh, però se poi si possono bloccare dietro a un bel paywall sono, come dire, un po’ vuoti.
Con questo, credo di aver finito. Sicuramente la discussione andrà avanti su altri lidi (a questo riguardo, è previsto un interessantissimo panel da parte di Eclectica GDR) e mi piacerebbe anche fare un post in cui commento le licenze non commerciali che conosco, ma per oggi direi che abbiamo dato. Concedetemi solo un’ultima nota d’addio[15]
Tanto che, dopo un po’ di discussioni, qualcuno s’è rotto il cazzo di vedere gente che mi chiedeva di spiegarlo e io ho iniziato a pensare che fosse il caso di fare questo post. ↩︎
Oh, ma avete visto che figata sta roba delle note? C’ho passato un pomeriggio quindi sarebbe anche il caso che apprezzaste, mannaggia a voi. ↩︎
In realtà ho previsto delle eccezioni, a condizioni molto particolari, ma quando verrà il momento di parlare di quelle eccezioni lo faremo. Questa nota è qui solo per dire che non sono così estremista come appaio. E perché c’ho preso veramente gusto con ste note. Mo ci soffoco il post sotto alle note. Chissà se posso mettere una nota dentro un’altra nota? Purtroppo no :-([^4]: Sarei ipocrita se non dicessi che, tra 730, tasse e rotture di cazzo evitate, non mi sono rilassato di brutto da quando ho smesso di cercare di far soldi coi miei giochi. ↩︎
Da non confondersi con la domanda che mi faccio in orario d’ufficio, ovvero “se io lavoro perché i soldi li fai tu?”. Pare esista una correlazione tra le due domande, ma mi rifiuto di leggere theory. ↩︎
In realtà le due fette si dividono in “Open Source” e “Open - Source”, ma non ricordo mai chi è quale e mi pare francamente una nomenclatura del cazzo, quindi non fatemi le pulci su sta cosa, la sto ignorando di proposito. Poi ci stanno quelli del “Free and Open” che non mi ricordo dove si piazzano. Insomma, sto facendo un casino lercio coi nomi, quindi ne usiamo uno solo e evitiamo di incasinarci ulteriormente la vita. ↩︎
Per farla breve, le libertà relative alla commercializzazione dei beni ↩︎
La strategia è piuttosto nota e ha anche un nome parecchio evocativo: Embrace, Extend, Extinguish. ↩︎
Anche qua, c’è una qualche differenza tra “open culture” e “free culture”, ma per il mio approccio ai nomi rileggetevi nota 7. ↩︎
Avevo originariamente scritto un post completamente diverso che fondamentalmente parlava del perché di questa posizione, ma era una roba complicatissima che non avrei mai letto spontaneamente e poi sono arrivato al punto di dover citare Gramsci, ma per citare Gramsci tocca leggere Gramsci e quindi ho cancellato il post (vedi nota 5 per il mio rapporto con la theory). ↩︎
Per gli appassionati della storia di questo delirio lisergico, tutto il macello delle note è nato perché dovevo assolutamente fare un appunto a questo link. L’appunto ha successivamente preso la forma del paragrafo precedente (e, in parte, è stato cassato in quanto inutile), ma ormai la dipendenza da note era iniziata e quindi siamo qua. ↩︎
Che al mercato mio padre comprò. La potenza di ste note è che posso fare battute di merda a lato senza spaccare il flusso del testo. ↩︎
In realtà, come molte altre cose in questo post, è un’idea molto complessa a cui bisognerebbe rispondere con un lavoro molto articolato. Ma per farlo dovrei leggere altra theory e non ne ho manco per le palle. Diciamo solo che non mi piace e tagliamo la testa al toro. Tanto se siete arrivati fin qua siete probabilmente pazzi, non credo vi importi davvero di quello che c’è scritto. ↩︎
Brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli brumli (appunto) ↩︎
I “brumli” vengono da uno dei miei libri preferiti, Ensel e Krete, che ha fatto danni inenarrabili al mio senso dell’umorismo, al mio stile di scrittura e alla mia vita sessuale. Lo raccomando moltissimo. ↩︎